La storia conosciuta della cosmologia inizia con le civiltà mesopotamica ed egizia, entrambe legate ad una visione magica dell’universo, ove la conoscenza e lo studio del cosmo era ad esclusivo appannaggio di una ristretta casta di sacerdoti. Tremila anni dopo, la civiltà greca diede vita ad una cultura molto più vasta e la cosmologia seguì questa evoluzione culturale.
Il padre del metodo scientifico empirico fu Anassagora il quale basava le sue teorie sull’osservazione della natura; con lui nasceva la prima concezione storica documentale di un universo infinito nello spazio e nel tempo. Questa visione si scontrò con le idee che solo qualche decennio prima erano state formulate da Pitagora, per il quale solo i numeri, quindi l’aritmetica e la geometria, potevano descrivere la realtà, solo la pura ragione poteva indagare le forme astratte che reggevano il mondo.
Platone, cinquant’anni dopo Pitagora, enfatizza questa visione di un mondo ed una realtà indagabili esclusivamente attraverso il puro intelletto: nel Timeo descrive un universo di natura divina, dove un sommo Creatore servendosi di idee e forme eterne, plasma la materia secondo regole aritmetiche e geometriche, e dove gli esseri umani attraverso la ragione possono dedurre queste leggi.
Il cosmo fu l’argomento sul quale si scontrarono i metodi empirico e deduttivo; da una parte Aristarco di Samo che studiando le osservazioni degli astronomi di Alessandria, formulò la prima teoria eliocentrica della storia, oltre a calcolare la distanza dalla Terra e le dimensioni di Sole e Luna. Dall’altra i discepoli di Platone, tra cui Eudosso che concepì in alternativa ad Aristarco la teoria geocentrica, dove la Terra veniva considerata il centro di un sistema, nel quale i pianeti, compresi Sole e Luna, si muovevano attorno ad essa, all’interno di un complesso meccanismo di sfere mobili, concentriche. Questa visione cosmologica, venne in seguito divulgata da Aristotele ed ebbe larga diffusione, grazie alla sua indiscussa autorità, ma ciò nonostante le osservazioni mal si conciliavano con la teoria, al punto che Tolomeo per aggiustare queste incongruenze, dovette aggiungere ai moti circolari dei pianeti dei moti circolari minori che denominò “epicicli” e “deferenti”.
Ne scaturì un perfetto meccanismo che mirabilmente adeguava la teoria all’osservazione, il sistema “tolemaico”, come in seguito venne chiamato, divenne regola per i successivi 2500 anni. La corretta visione eliocentrica di Aristarco, fu da allora sistematicamente ripudiata, per essere riscoperta solo nel XVI secolo. Con l’avvento del Cristianesimo, la genesi dell’universo presenta molti aspetti comuni alla visione platonica, con la differenza che l’universo nella religione giudaico-cristiana è creato dal nulla – ex nihilo – ; Agostino vescovo di Ippona nel 400 d.C., elabora una teoria molto simile a quella dell’attuale Big Bang, dove l’universo sarebbe nato dal nulla, e sarebbe finito nel nulla. La dottrina agostiniana basata sulla visione di un universo finito nel tempo, divenne l’ortodossia del mondo Occidentale per i successivi mille anni.
La teocrazia si era impossessata del mondo medievale e della scienza, ma fu paradossalmente un teologo, Niccolò da Cusa, tedesco educato in Italia, a riprendere le tradizioni della cultura scientifica greca di Anassagora e di Aristarco e a riproporre la tesi di un universo infinito nello spazio e nel tempo, e con queste l’empirismo scientifico osservativo. Le tesi del Cusano, furono condivise da Leonardo, da Giordano Bruno, da Copernico, da Keplero, e infine da Galileo, il quale, pur essendo cattolico, pensava che la religione dovesse occuparsi di morale e non di fisica, affermando che: “ La religione insegna agli uomini come andare in cielo, non come muovono i cieli”.
Cartesio nel XVII secolo, coniugò i due metodi, empirico e deduttivo, e nel suo “Principia Philosophiae” ( 1644 ), teorizzò addirittura la velocità della luce quale parametro infinito. A seguito delle accurate osservazioni astronomiche di Tycho Brahe sul moto dei pianeti, Johannes Kepler, trasformò definitivamente la visione cosmologica di Tolomeo; le orbite planetarie divennero ellittiche e le velocità dei pianeti variabili in funzione della loro vicinanza al Sole durante il ciclo orbitale, ma soprattutto il Sole e non la Terra fu confermato essere il centro del sistema planetario.
A metà del XVII secolo, in Inghilterra la summa degli studi di Cusano, Copernico, Keplero, Galileo, portò Robert Hooke a formulare una legge di gravitazione universale e Isaac Newton a dimostrare grazie a questa la validità delle leggi di Keplero.
Tutto il fermento culturale e scientifico, che dette vita al Rinascimento e alla rivoluzione cosmologica dei secoli XVI-XVIII, traeva le proprie origini dagli studi degli scienziati e filosofi greci, che operarono tra il VI e il II secolo a.C.
Nel XIX secolo si scontrarono di nuovo le visioni di un universo finito creato dal nulla per volontà divina (ex nihilo) e di un universo infinito nello spazio e nel tempo.
Nella seconda metà del secolo, più o meno direttamente, intervennero o contribuirono ad approfondire il dibattito riguardante le due visioni dell’universo, scienziati quali Rudolf Clasius , Ludwig Boltzmann, Lord Kelvin, James Maxwell ed altri. Il secolo XIX fu comunque il secolo durante il quale la fisica, riprese la visione di un universo infinito. Nel 1915, Albert Einstein con la Relatività Generale, corresse la visione cosmologica newtoniana dell’azione a distanza (gravità), affermando che la massa di un corpo curva lo spazio attorno a sé causando l’attrazione gravitazionale; da questa nuova concezione derivò una diversa visione dell’universo, dove la gravità diventò la forza capace di curvare tutto il cosmo in una sfera finita, quadridimensionale, senzaconfini. In pratica, la Relatività fu la base per la successiva teoria cosmologica del Big Bang, e sancì il ritorno alla visione platonica e cristiana di un universo finito nello spazio e nel tempo…..
Fonte: Metamorfosi Aliene